Nel ven­ta­glio più am­pio che ca­rat­te­riz­za il mon­do del gio­co due sono le do­mi­nan­ti, nel­la mia vi­sio­ne, che in un cer­to qual modo con­trad­di­stinguono il tipo di gio­ca­to­re e non pro­prio al 50% ri­par­ti­te.
Il pri­mo è at­trat­to dall'az­zar­do; ama il ri­schio ed af­fer­ma se stes­so af­fron­tan­do la sfi­da fron­tal­men­te, con mag­gio­re o mi­nor pre­pa­ra­zio­ne, ma sen­za mez­zi ter­mi­ni. è il ti­pi­co gio­ca­to­re da ta­vo­lo, ove il ne­mi­co è un al­tro o più gio­ca­to­ri come lui. Se rie­sce a com­bi­na­re al­tret­tan­ta fred­dez­za alla sua ag­gres­si­vi­tà, può ave­re la me­glio. Dal Po­ker allo Che­min-de-fer alla più va­sta gam­ma di com­pe­ti­zio­ni con­ge­gna­te da tra­di­zio­ni se­co­la­ri, la sua per­so­na­li­tà trae ali­men­to ed emo­zio­ne;
ma con la Ro­u­let­te, per ele­zio­ne è de­sti­na­to a non ave­re la me­glio: è trop­po spie­ta­ta per lui.

Il se­con­do, qua­si per con­tro - il gio­ca­to­re di Ro­u­let­te, a far­la sem­pli­ce - è un os­ser­va­to­re ed in­da­ga­to­re at­ten­to, seb­be­ne anch'egli alla ri­cer­ca di un gua­da­gno, al­me­no po­ten­zia­le. Le sue espe­rien­ze più o meno do­lo­ro­se, che han­no spar­pa­glia­to sul tap­pe­to ver­de del­la Si­gno­ra i fran­tu­mi del­le sue spe­ran­ze, ma­tu­ra­no pre­sto o tar­di in un at­teg­gia­men­to più con­sa­pe­vo­le che, pur non sot­tra­en­do­si al fa­sci­no sem­pre pre­sen­te dell'ag­gua­to re­ci­pro­co, ces­sa, o non cede, o non con­ce­de più nul­la alle ma­no­vre di puro az­zar­do ma si pone a scru­ta­re, stu­dia­re per co­glie­re, stuz­zi­ca­to da un ine­vi­ta­bi­le scac­co dopo l'al­tro a spre­me­re quel bar­lu­me di in­se­gna­men­to che gli con­sen­ta di cat­tu­ra­re l'at­ti­mo per ca­de­re an­co­ra in pie­di, sen­za mai ab­ban­do­na­re l'in­ti­ma spe­ran­za di riu­sci­re pri­ma o poi ad ave­re la me­glio sul­la “mac­chi­na”.

Per en­tram­bi la re­gia re­sta af­fi­da­ta alla For­tu­na, che i mi­glio­ri cer­ca­no di com­pen­sa­re (o do­mi­na­re) con l'abi­li­tà, l'astu­zia ed il giu­di­zio.

Tra que­sti due tipi esi­ste na­tu­ral­men­te una fol­ta schie­ra di “ap­pas­sio­na­ti” che, con il loro ap­por­to di ener­gia e de­na­ro, man­tie­ne in vita quell'in­dot­to or­mai uni­ver­sa­le. Sono fer­ma­men­te con­vin­to che non sia la tas­sa-del­lo-zero ad ar­ric­chi­re i Ca­sinò, ma la qua­si to­ta­le as­sen­za di au­to­cri­ti­ca di chiun­que se ne stia se­du­to a pren­der par­te alla gio­stra - o do­vrei dire al ban­chet­to - sen­za ren­der­si con­to di in­se­rir­si in un vor­ti­ce che ha una sola di­re­zio­ne di ri­suc­chio, con la for­za di tut­ti i sa­cri­fi­ci che lo nu­tro­no.

Sì, l'ho chia­ma­ta la Si­gno­ra ed ora la “mac­chi­na”; un coc­kta­il che può ri­sul­ta­re mi­ci­dia­le.
Non se ne può co­glie­re il ca­rat­te­re, la psi­co­lo­gia, il sen­ti­men­to po­i­ché nell'in­stan­ca­bi­le ruo­ta­re di quel suo ci­lin­dro, qua­lun­que ne sia il sen­so, si con­den­sa l'ine­lut­ta­bi­li­tà dell'eter­no. Né vi è modo di ri­con­dur­la al pre­sen­te, al con­tin­gen­te, al ns. de­si­de­rio con­di­zio­nan­te. Que­sto do­vreb­be te­ne­re a men­te il Gio­ca­to­re ad ogni sua pun­ta­ta: i suoi get­to­ni, una vol­ta posati sul tap­pe­to ol­tre­pas­sa­no una so­glia che li col­lo­ca al di fu­o­ri del tem­po, in una di­men­sio­ne che li ac­co­glie sen­za te­ner­ne con­to e li ri­cam­bia ine­so­ra­bil­men­te come se non ci fos­se­ro. Il più del­le vol­te egli ten­de a pen­sa­re tut­to il con­tra­rio e gli ef­fet­ti li ab­bia­mo spe­ri­men­ta­ti un po' tut­ti, in un po­sto o nell'al­tro.

Chi non vede nel­la Ro­u­let­te che una sem­pli­ce ruo­ta che agi­ta una pal­li­na biz­zar­ra, e tut­ta­via sci­vo­la nell'in­co­scien­za di af­fi­darle le pro­prie for­tu­ne, spe­ran­do nel caso di una vin­ci­ta per lo più im­mo­ti­va­ta, non po­trà che far­ne le spe­se. Nell'eser­ci­zio più no­bi­le del­le sue fun­zio­ni, il ci­lin­dro rap­pre­sen­ta un var­co in­ter­dimensionale, al co­spet­to del qua­le es­se­ri uma­ni si sono gio­ca­ti l'esi­sten­za per in­te­ro, per­ciò non vi è pro­prio nien­te da ba­na­liz­za­re né sot­to­va­lu­ta­re.

Dopo siffatte pre­mes­se ed espe­rien­ze, re­sta as­sai dif­fi­ci­le ri­te­ne­re (o an­che solo cre­de­re) che vi sia una lo­gi­ca nel­la di­spo­si­zio­ne di qual­si­vo­glia per­ma­nen­za; mol­ti ab­ban­do­na­no per sem­pre ogni vel­le­i­tà nei con­fron­ti del me­to­do, come se que­sto at­teg­gia­men­to po­tes­se ri­co­sti­tu­i­re una sor­ta di si­cu­rez­za, or­mai del tut­to con­sun­ta sull'al­tro ver­so. Ep­pu­re, su­pe­ra­to il dif­fi­ci­le var­co del­le aspet­ta­ti­ve, il Gio­ca­to­re in­trav­vede, o sen­te - o per­ce­pi­sce di aver sem­pre sa­pu­to - che nep­pu­re la Si­gno­ra è del tut­to li­be­ra nel­le sue ma­ni­fe­sta­zio­ni, pur non sa­pen­do né il come né il per­ché; ma fin­tan­to che que­sta in­tu­i­zio­ne non lo ab­ban­do­na, anzi si im­po­ne, non cesserà mai di cer­ca­re e ten­ta­re; non si ac­con­ten­ta più del­la vin­ci­ta né rin­corre il “col­po di for­tu­na”, ben­ché non lo di­sde­gni, ma in cuor suo so­gna la “vit­to­ria”, pur non sce­vra da qual­che com­pro­mes­so.
Tut­to que­sto, che aleg­gia nel­le pie­ghe più re­con­di­te dell'uma­na in­tra­pren­den­za, va ben ol­tre la con­ge­rie di si­ste­mi che pro­li­fi­cano da sem­pre, la mag­gior par­te dei qua­li se­gue o im­pian­ta una lo­gi­ca spe­cu­la­ti­va fon­da­ta sulla mag­gio­re o mi­no­re astu­zia - spes­so solo ap­pa­ren­te - di espe­dien­ti ed os­ser­va­zio­ni pe­ri­fe­ri­che e sta­ti­che (o sta­ti­sti­che, il che non è mol­to di­ver­so nel caso in esa­me) la qua­le, se tal­vol­ta può con­ce­de­re i suoi frut­ti, non man­cherà di a far­se­li ri­pa­ga­re tut­ti in una vol­ta. Que­ste me­to­do­lo­gie, me­sco­lan­do spe­ran­ze e ri­pe­ti­ti­vi­tà, fi­ni­sco­no con il car­pi­re il me­glio del­le ri­sor­se de­gli stu­dio­si, met­ten­do­ne a dura pro­va la re­si­sten­za per poi svu­otarne l'il­lu­sio­ne. Tan­to da giun­ge­re a com­pia­cer­si di con­clu­de­re per con­tro, qua­li com­pro­vati esper­ti, che “non esi­sta un si­ste­ma si­cu­ro per vin­ce­re alla Ro­u­let­te”, per po­ter­si se non al­tro li­be­ra­re da que­st'im­pul­so la­ten­te che non li ab­ban­do­na, qua­si come fos­se un ob­bli­go con­cla­ma­to.

Il lato più con­trad­dit­to­rio fra l'al­tro è che la tan­to sban­die­ra­ta con­tro­tendenza è sem­pre con­se­guen­te ad un im­pul­so-istin­to per il qua­le tut­to era pos­si­bi­le ma, esa­u­ri­te le ri­sor­se, non lo è più; il mon­do è tal­men­te pie­no di su­per­fi­cia­li­tà che pare qua­si non sia ri­ma­sto al­tro.
«Nondum ma­tu­ra est», pro­nun­cia­va la vol­pe vi­ci­na all'uva che non po­te­va rag­giun­ge­re; ma era già più one­sto che negarne l'esi­sten­za; ci vuol tan­to a li­mi­tar­si a dire: «non ce l'ho fat­ta…», sen­za sen­tir­si in di­rit­to di ag­giun­ge­re «per­ciò non esi­ste»? non è un di­so­no­re non aver avu­to la me­glio in un ci­men­to che vede ca­de­re un in­ge­gno dopo l'al­tro; che se an­che nes­su­no la spun­tasse per se­co­li, ciò non di­mo­strerebbe as­so­lu­ta­men­te che una Lo­gi­ca non si celi nel la­bi­rin­to del­le per­ma­nen­ze. La su­per­bia in­ve­ce non ha mai fat­to ono­re a nes­su­no; se ti bru­cia, rim­boc­cati le ma­ni­che e riparti; op­pu­re taci, piut­to­sto che ri­ver­sa­re su­gli al­tri l'in­suc­ces­so come fos­se una so­lu­zio­ne de­fi­ni­ti­va, au­men­tan­do in ve­ri­tà un con­di­zio­na­men­to ge­ne­ra­le fin trop­po pre­sen­te.

Se que­st'am­bi­to non fos­se così in­tri­so di mi­sti­fi­ca­zio­ne, con tut­te le of­fer­te e le di­chia­ra­zioni che ho po­tu­to scor­re­re nel cor­so di una vita le Case da gio­co avreb­be­ro già chiu­so i bat­ten­ti; in­ve­ce pro­spe­ra­no.
Se vi sono re­go­le che ga­ran­ti­sco­no l'equi­li­brio nu­me­ri­co una cosa è cer­ca­re di sfrut­tar­ne a prio­ri al­cu­ni ef­fet­ti, al­tra cosa è cer­ca­re di com­pren­der­ne il sen­so. è quel che in­ten­do con “vit­to­ria”: qual­co­sa di cui la vin­ci­ta è pro­va am­bi­ta e gra­ti­fi­can­te, ma non il tra­guar­do. Non è uto­pia! qual­cu­no a mia co­no­scen­za in que­sto era riu­sci­to; non­di­me­no, vuoi per il bi­so­gno di es­ser pa­ga­to, o per­ché se ne è sen­ti­to ap­pa­ga­to, non ha rac­col­to i me­ri­ta­ti ri­co­no­sci­menti (il che non mi sor­pren­de af­fat­to). Mi rac­con­tò per­si­no di un tale suo cli­en­te che, a fron­te de­gli in­se­gna­men­ti e di al­cu­ne ve­ri­fi­che, ha pre­fe­ri­to ab­ban­do­na­re, per evi­ta­re i ri­schi con­se­guen­ti a com­pli­ca­zio­ni car­dia­che pre­e­si­sten­ti e, con quel che a mia vol­ta sta­vo toc­can­do con mano, gli ho cre­du­to sul­la pa­ro­la.

Che que­sta af­fer­ma­zio­ne sia cre­du­ta o meno non è de­ter­mi­nan­te; le leg­gi ci sono sem­pre. Sta sol­tan­to a noi pe­ne­trarle! Vor­rei anzi apri­re una pa­ren­te­si - e qui è l'eso­te­rista che vi par­la - su cosa che non vie­ne det­ta, ma sul­la qua­le vale la pena di ri­flet­te­re con la più pro­fon­da at­ten­zio­ne. Di­spor­re di un me­to­do, un si­ste­ma, un qual­si­vo­glia ge­ne­re pre­vi­sio­ne per quan­to si­cu­ro di at­tac­co al ban­co non si­gni­fi­ca an­co­ra aver vin­to, né po­te­re o tan­to­mento do­ver vin­ce­re ad ogni co­sto; que­sto è il vero pun­to del­la si­tua­zio­ne, come una pre­sen­za che agi­sca di sot­to­fon­do in ogni fran­gen­te. Fabarri lo sa­pe­va bene! lo chia­ma­va «l'Al­tro», c'era sem­pre e ad ogni pun­ta­ta bi­so­gna­va in qual­che modo mi­su­rar­si con Lui. Non mai sa­pu­to se si fos­se dato la pena, tra una pie­ga e l'al­tra dei suoi in­ces­san­ti cal­co­li ma­nua­li, di som­ma­re tra loro quei 36 nu­me­ri…
In al­tre pa­ro­le, vin­ce­re è - in ogni cam­po - un'espe­rien­za in­di­vi­dua­le, cioè le­ga­ta all'in­di­vi­duo, al suo sta­to, alle sue con­di­zio­ni, che non di­pen­de uni­ca­men­te da­gli stru­men­ti a di­spo­si­zio­ne e dal­le cir­co­stan­ze am­bien­ta­li. In qual­sia­si gara, an­che nel­la mas­si­ma par con­di­cio di ri­sor­se ed osta­co­li, non sem­pre la vit­to­ria ar­ri­de a chi è più bra­vo e pre­pa­ra­to; fi­gu­riamoci nell'im­pat­to con l'Igno­to! È vero, ci sono per­so­ne che ar­ric­chi­sco­no con un bi­gliet­to com­pra­to in edi­co­la, ma, come per i nu­me­ri che im­prov­vi­sa­men­te si ri­pe­to­no, noi non ne co­gliamo l'es­sen­za né la ra­gio­ne; è la no­stra in­ter­pre­ta­zio­ne che fa ac­qua, non es­sen­do in gra­do di de­ci­frarne le con­nes­sio­ni e tut­to quel che re­sta di ri­fles­so è la spe­ran­za, pron­ta a tra­mu­tar­si in osti­na­ta cer­tez­za, che pos­sa ca­pi­ta­re an­che a noi. Se fos­se fon­da­ta sa­rem­mo tut­ti ric­chi e in­ve­ce di­mo­stra - con la stes­sa ir­re­ver­si­bi­li­tà di un mal di gola che ma­tu­ra in bron­chi­te - ciò che ho ap­pe­na af­fer­ma­to. Con ciò in­ten­do dire che ognu­no se­guirà ne­ces­sa­ria­mente il pro­prio per­cor­so, det­ta­to da prin­c­ì­pi e pos­si­bi­li­tà che stan­no mol­to a mon­te del­la sua gior­na­ta e del­le aspi­ra­zio­ni del mo­men­to. Prin­cì­pi atti a con­ce­de­re, fa­vo­ri­re o ne­ga­re la riu­sci­ta se­con­do re­go­le che sem­pli­ce­mente non sono alla por­ta­ta del­la no­stra li­ber­tà di ar­bi­trio; tan­to per non en­tra­re in mag­gio­ri det­ta­gli, che de­bor­dano da que­sto con­te­sto. Re­sta il fat­to che ci tro­via­mo in que­sta vita per per­cor­re­re la sca­la di un'evol­ve­re in­ces­san­te, non per vin­ce­re al gio­co e fin­tan­to che que­st'ul­ti­mo ver­rà per­se­gui­to come un esca­mo­ta­ge per an­da­re a star me­glio, le de­lu­sio­ni non si fa­ran­no at­ten­de­re.

Chi scri­ve, dopo es­ser­si reso così an­ti­pa­ti­co, vi sta of­fren­do un mez­zo per son­da­re una par­te pos­si­bi­le di que­ste in­co­gni­te, al pun­to da pia­ni­fi­ca­re “il gio­co” nel modo più con­so­no; quan­to­me­no co­min­cian­do con l'evi­ta­re le si­tua­zio­ni me­no de­si­de­ra­te; se non ba­sta, an­che una tec­ni­ca di at­tac­co che si è ri­ve­la­ta vin­cen­te e po­ten­te quan­to ba­sta per usarla come se­rio sup­por­to, for­se il più avan­za­to di­spo­ni­bi­le ad oggi. Ep­pu­re è qua a sot­to­li­ne­a­re che non vi è mai mo­ti­vo va­li­do di dare al­cun­ché per scon­ta­to. In ogni sen­so. Nes­sun si­ste­ma per quan­to af­fi­da­bi­le, cam­bierà la vita di al­cu­no al di fu­o­ri da spe­cia­li pre­sup­po­sti.
Fare i con­ti con la re­al­tà a mio av­vi­so si­gni­fi­ca pri­ma di tut­to que­sto, più che con­so­lar­si con l'idea che non esi­sta un si­ste­ma per vin­ce­re, o peg­gio ga­ran­ti­re o ga­ran­tir­si una “vin­ci­ta si­cu­ra”. Es­se­re con­sa­pe­vo­li di quel che si fa e del per­ché lo si vu­o­le fare è la nor­ma pri­ma per non re­sta­re pre­si in con­tro­pie­de.

Per­so­nal­men­te non mi di­chia­ro esen­te da que­sti li­mi­ti, che mi han­no af­fian­ca­to du­ran­te de­cen­ni di pro­ve ed as­sal­ti di ogni tipo, sia dal­la mia scri­va­nia che sul cam­po; sarà or­mai pa­le­se a qua­le ti­po­lo­gia sia iscrit­to.
Fino a che un gior­no una luce si è accesa.

 Gio­co e Pre­ve­di­bi­li­tà

Sia­mo sem­pre alla ri­cer­ca di un van­tag­gio co­stan­te, con­tro il ban­co di qual­sia­si gio­co; non­di­me­no, l'idea di van­tag­gio co­stan­te rap­pre­sen­ta una con­trad­di­zio­ne ai ter­mi­ni del gio­co stes­so po­i­ché ov­via­men­te, in pre­sen­za di tale op­por­tu­ni­tà, non sus­si­ste­rebbe al­cun “gio­co”, nè avreb­be sen­so te­ne­re aper­ta una Casa da gio­co. Mi sen­to in ob­bli­go però in que­st'an­go­lo del­la trat­ta­zio­ne a com­pen­dio di quano ho espo­sto, di pun­tua­liz­za­re al­cu­ni con­cet­ti es­sen­zia­li, in con­si­de­ra­zio­ne di ri­scon­tri se­gui­ti alla di­stri­bu­zio­ne del pac­chet­to.
Due sono i pun­ti di vi­sta so­stan­zia­li per la con­ce­zio­ne di si­ste­mi di gio­co:
  • quel­li che de­fi­ni­sco “spe­cu­la­ti­vi”, i qua­li non mi­ra­no espres­sa­men­te alla pre­vi­sio­ne, ma si ac­con­ten­tano di sce­glie­re in base al con­cet­to di mag­gior pro­ba­bi­li­tà l'obiet­ti­vo dell'at­tac­co, ter­mi­ne que­st'ul­ti­mo più che mai ap­pro­pria­to. Vi è una sfu­ma­tu­ra tra i due modi di ve­de­re la cosa, in quan­to que­sto pri­mo agi­sce come un pet­ti­ne, o un fil­tro, ten­den­te ad in­trap­po­la­re sul­la base del­la me­to­do­lo­gia si­ste­ma­ti­ca pre­sta­bi­li­ta un ri­sul­ta­to pro­ba­bi­le e so­prat­tut­to in un las­so di tem­po più bre­ve pos­si­bi­le, al fine di chiu­de­re ogni par­ti­ta pre­sto e con un van­tag­gio in­ca­me­ra­to. Il pro­trar­si del­la par­ti­ta in­fat­ti au­men­ta con­si­de­re­volmente l'az­zar­do, a vol­te in pro­gres­sio­ne ge­o­me­tri­ca, fino a pro­vo­ca­re il col­las­so del ca­pi­ta­le stan­zia­to. Fin­tan­to che il ra­strel­la­men­to reg­ge, il gio­ca­to­re gua­da­gna e poco im­por­ta qua­le sia la con­di­zio­ne in al­ter­nan­za che gli por­ta la vit­to­ria, po­i­ché non di rado essa può es­se­re ri­ve­du­ta per l'an­da­men­to del­la per­ma­nen­za an­che più vol­te nel cor­so del­la stes­sa se­du­ta, se­con­do i cri­te­ri pro­pri del me­to­do. È il caso più co­mu­ne, in cui il ri­schio ed il gio­co si sposano in una so­lu­zio­ne ide­a­le.
  • quel­li che si ba­sa­no, o am­bi­sco­no, ef­fet­tua­re pre­vi­sio­ni esclu­si­ve, con un esi­to da ve­ri­fi­car­si en­tro ter­mi­ni pre­ci­si, op­pu­re l'ipo­te­si non è con­fer­ma­ta. In bre­ve e di­stin­guen­dosi dai pre­ce­den­ti, men­tre quel­li pog­gia­no sul­le leg­gi sta­ti­sti­che qua­le uni­ca ri­sor­sa d'ap­pog­gio, que­sti ten­do­no a sca­val­carla ser­ven­do­si di for­mu­la­zio­ni per lo più ine­di­te (spe­ri­men­ta­te da chi scri­ve, pri­ma e al di fu­o­ri da HARMONY), che at­te­stino la ca­pa­ci­tà di in­ter­cet­ta­zio­ne se­let­ti­va di un pre­ci­so even­to nu­me­ri­co (non ba­sa­ta sull'av­vi­cen­da­men­to do­vu­to a ri­tar­do o ca­lo­re, tan­to per in­ten­derci). Qua il sen­ti­men­to del gio­co as­su­me una va­len­za di­ver­sa, più af­fi­ne alla sfi­da all'in­tel­li­gen­za, che non alla di­spo­ni­bi­li­tà a met­te­re a re­pen­ta­glio le pro­prie so­stan­ze pur di gua­da­gna­re.
  • gra­zie alle stru­men­ta­zio­ni oggi di­spo­ni­bi­li, si sta fa­cen­do spa­zio una ter­za me­to­do­lo­gia ba­sa­ta sull'ana­li­si di pro­ba­bi­li ten­den­ze nel com­por­ta­men­to di un de­ter­mi­na­to ci­lin­dro, cosa in par­te ri­le­va­ta an­che dal mio stu­dio; tut­ta­via non fa­rei rien­tra­re que­sta pro­ble­ma­ti­ca nel­la de­fi­ni­zio­ne di “si­ste­ma” in quan­to do­ta­to di una pro­pria fi­lo­so­fia, os­sia una for­mu­la­zio­ne lo­gi­ca ester­na ai di­fet­ti stru­men­ta­li, ben­ché la ca­si­sti­ca ne sia in qual­che modo par­te­ci­pe.
I pri­mi, di fat­to - an­che quan­do fun­zio­ni­no - non di­mo­stra­no nien­te ol­tre a quan­to già si sap­pia, ma con­fe­ri­sco­no un van­tag­gio pra­ti­co più o meno ra­pi­do a chi gio­ca.
I se­con­di per con­tro pos­so­no ri­ve­la­re leg­gi tutt'ora igno­te alla men­ta­li­tà scien­ti­fi­ca tra­di­zio­na­le, esal­tan­do con­nes­sio­ni in­so­spet­ta­te che però ol­tre­pas­sa­no i con­fi­ni dell'im­me­dia­to, o ne stan­no a mon­te, un po' come la pro­fon­di­tà dell'oce­a­no na­scon­de leg­gi che ge­ne­ra­no flus­si e cor­ren­ti, di cui pos­sia­mo co­glie­re poco più del­le onde ri­pe­ti­ti­ve in su­per­fi­cie. Que­sto pa­ra­go­ne un po' fret­to­lo­so ha lo sco­po di in­tro­dur­re una vi­sio­ne del­la po­ten­zia­le va­sti­tà del fe­no­me­no per­ma­nen­za, per la qua­le la pos­si­bi­le di­mo­stra­zio­ne di leg­gi o prin­ci­pi non può cir­co­scri­ver­si a po­chi col­pi, o se­du­te da week-end.
Quel che cer­co di evi­den­zia­re una vol­ta di più, spe­cial­men­te nei ri­guar­di di chi ri­chie­derà il pro­gram­ma, è il fat­to che l'aver po­tu­to in­di­vi­dua­re un “cri­te­rio-ra­di­ce” di tal ge­ne­re, scor­ren­do non meno di un mi­lio­ne di per­ma­nen­ze (e for­se non ba­sta­no) e se­tac­cian­do e ri­pro­gram­man­do de­ci­ne di com­bi­na­zio­ni di stra­te­gie ap­pli­ca­ti­ve - del­le qua­li solo po­che ov­via­men­te si ri­ve­la­no va­li­de - non si­gni­fi­ca aver mes­so in pie­di un si­ste­ma per vin­ce­re “pre­sto e bene”; an­che quan­do gli as­sio­mi del­la sco­per­ta do­ves­se­ro ve­nir ra­ti­fi­cati da ul­te­rio­ri pro­ve, l'ap­pli­ca­bi­li­tà dei be­ne­fi­ci im­pli­ca­ti ri­chie­de un'esten­sio­ne in arco di tem­po - o me­glio nu­me­ro di estra­zio­ni - non mol­to pra­ti­ca­bi­le, in­ten­do fi­si­ca­men­te pres­so i ta­vo­li da gio­co, a meno che i Ge­sto­ri de­ci­dano di aprir­si ad una par­te­ci­pa­zio­ne on­li­ne, ov­via­men­te in tem­po re­a­le e con tut­ti i crismi og­get­ti­vi, cosa che sem­bre­reb­be aver avu­to ini­zio.
Gli è che nei dia­gram­mi il tem­po sem­bra non esi­ste­re, ma ove pure io ab­bia po­tu­to ve­ri­fi­ca­re un ren­di­men­to del 55% a mas­sa pari su 12 anni di gio­ca­te, ciò è av­ve­nu­to as­si­sten­do [vir­tual­men­te] a tut­ti i col­pi, pun­tan­done mol­ti e vin­cen­do in tut­to un nu­me­ro di vol­te che si con­ta sul­le dita di qual­che [stret­ta di] mano. Chi può per­met­terselo nel­la pra­ti­ca? avre­te la co­stan­za di pun­ta­re e ab­ban­do­na­re la fi­che per cen­ti­na­ia e cen­ti­na­ia di col­pi, fino a ve­derne due vin­cen­ti?
Cer­to si è trat­ta­to di vin­ci­te fol­go­ran­ti e do­ve­va­no es­ser­lo, dato il me­to­do ap­pli­ca­to, per po­ter con­va­li­da­re un tale as­sun­to; ma la vit­to­ria vera è nell'aver po­tu­to far luce su un'in­so­spet­ta­bi­le ri­cor­si­vi­tà [ar­mo­ni­ca] pri­vi­le­gia­ta, il che po­treb­be com­por­ta­re la re­vi­sio­ne di mol­ti pun­tI di vi­sta in di­ver­si set­to­ri.
Il pro­get­to HARMONY è ma­tu­ra­to in seno a que­st'ul­ti­mo ri­sguar­do. Ten­go quin­di a chia­ri­re che lo stu­dio che pre­sen­to in que­ste pa­gi­ne è de­di­ca­to a quel­le po­che per­so­ne che co­glieranno - ap­prez­zan­dola - la dif­fe­ren­za tra la di­mo­stra­zio­ne di un'ap­pu­rata prio­ri­tà nu­me­ra­le, fino a ieri in­son­data, e qua­lun­que al­tro sco­po e me­to­do­lo­gia non ap­pli­ca­bi­le al di fu­o­ri del ri­schio.
All'in­ter­no di HARMONY vi sono co­mun­que tec­ni­che di ren­di­men­to già su­pe­rio­re alla me­dia, de­gne di es­se­re ap­pli­ca­te e­/o pre­fezionate da ul­te­rio­ri ri­cer­che, più vi­ci­ne alla pra­ti­ca abi­tua­le, che non do­vreb­be­ro ve­nir adom­brate dai ri­sul­ta­ti di cui so­pra.
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